Punto di Partenza
Stradina di ghiaia sulla destra nel tornante subito dopo la zona abitata che scende da Fiorentino verso Chiesanuova.
Sentiero del Castellaccio
Abbarbicato fra due rilievi calcarei che sovrastano affilati crinali calanchivi e la densa vegetazione del Fosso del Toro, sul versante meridionale del Castello di Fiorentino, questo breve ma ripido sentiero offre non solo scorci inconsueti e “momenti” di natura incontaminata ma anche una interessante testimonianza storico-archeologica.
Sulla strada che da Fiorentino scende verso Chiesanuova, appena usciti dalla zona abitata, una stradina in ghiaia si stacca alla destra di un tornante sotto uno spiazzo rialzato da un muro in pietra con una staccionata in legno, un tavolo ed un pannello didattico. La strada si inoltra per un centinaio di metri fra la ripida spalla boscata del Monte Seghizzo e la vegetazione erbacea pre-calanchiva che degrada fino al fosso del Toro, dove cresce una stretta ma densa fascia di vegetazione arborea igrofila dominata da pioppi (Populus nigra) e salici (gen. Salix). Di fronte, aldilà delle brulle creste delle Argille Varicolori della Valmarecchia, disseminate qua e là di rade ed interessanti specie vegetali, si staglia la parete verticale calcarea della rupe di Pennarossa, sulla cui sommità si intravedono le rovine di un antico fortilizio medievale costruito su tracce di epoca romana o precedente come le due antiche cisterne scavate nella roccia. >>> CONTINUA A LEGGERE
Stradina di ghiaia sulla destra nel tornante subito dopo la zona abitata che scende da Fiorentino verso Chiesanuova.
Percorso di circa 2.5 km ad anello da percorrere in circa 2 ore.
Dislivello positivo 120 metri
Questo itinerario prevede 3 soste principali
Zainetto, occhiali da sole, bottiglietta di acqua, fotocamera e voglia di divertirsi !
Il gheppio (Falco tinnunculus) ed il falco pellegrino (Falco peregrinus), tipici rapaci rupicoli gridano e volteggiano attorno alle rocce, mentre le poiane (Buteo buteo) esplorano i calanchi ed i pendii erbosi in cerca di prede. Sugli speroni rocciosi cantano il passero solitario (Monticola solitarius), dalla bella colorazione bluastra del maschio ed il piccolo codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochruros), mentre in inverno può capitare di vedere svolazzare il picchio muraiolo (Tichodroma muraria) dalla appariscenti ali rosso-nere. Sul ripido rilievo calcareo crescono due specie arboree sempreverdi tipiche degli ambienti aridi e assolati: il leccio (Quercus ilex) e la fillirea (Phyllirea media). Prima che la stradina scenda al piccolo corso d’acqua, habitat di innumerevoli invertebrati ed anfibi, un sentiero sulla destra continua a costeggiare la macchia e si addentra nella vegetazione inizialmente costituita da opportuniste specie alloctone come la robinia (Robinia pseudoacacia) e l’ailanto (Ailanthus altissima) che vengono gradualmente sostituite da roverelle (Quercus pubescens), aceri (gen. Acer), ornielli (Fraxinus ornus), carpini (Ostrya carpinifolia) e noccioli (Corylus avellana). Quando il sentiero comincia a salire tra ciottoli e massi calcarei, una breve deviazione sulla sinistra conduce alla “cascatella della genga”, un piccolo salto d’acqua nel fosso scavato nella roccia. Aiutati da scalini e parapetti in legno ci si inerpica sul fianco roccioso del rilievo, dove tra la vegetazione si aprono alcune “terrazze” panoramiche che dominano la vallata del Torrente San Marino. Giunti ad un’area di sosta con panchine in legno ci si addentra quindi nel bosco misto di latifoglie, dove si incontrano anche alcuni castagni (Castanea sativa) e sorbi domestici (Sorbus domestica); a primavera il sottobosco si colora delle fioriture precoci degli anemoni (Anemone trifolia), delle primule (Primula vulgaris), della scilla silvestre (Scilla bifolia), del ciclamino primaverile (Cyclamen repandum) e dell’aglio pendulo (Allium pendulinum).
Molto comuni sono anche i verdi fusti spinosi del pungitopo (Ruscus aculeatus) e l’elleboro di bocconi (Helleborus bocconei) dalla foglia profondamente palmata. Sui rami degli alberi e sugli arbusti di notte corrono e saltano ghiri (Glis glis), moscardini (Muscardinus avellanarius) e quercini (Eliomys quercinus), agili e difficili prede dell’allocco (Strix aluco), mentre di giorno è lo scoiattolo (Sciurus vulgaris) ad animare le fronde degli alberi insieme alle ghiandaie (Garrulus glandarius), alle cince (gen. Parus) e a qualche altro uccelletto silvano. A terra sono evidenti i segni lasciati dagli elusivi mammiferi terrestri, come le buche scavate dal tasso (Meles meles) e dall’istrice (Hystrix cristata) per cercare bulbi, tuberi e radici. Fra i rettili, oltre a lucertole (gen. Podarcis) e ramarri (Lacerta bilineata) si può incontrare il saettone (Elaphe longissima), un verde serpente innocuo dai costumi arboricoli, mentre assai più difficile da sorprendere è la veloce luscengola (Chalcides chalcides), un sauro con arti ridottissimi molto simile ad una piccola serpe. Continuando a salire per uno dei tanti sentierini si arriva alla sommità del Monte Seghizzo, dove diversi pannelli illustrano e descrivono l’area e la storia dell’antico castello fortificato di età medievale di cui rimangono solo poche tracce. Il sito si raggiunge comodamente anche dalla strada asfaltata di Via Monte Seghizzo, andando verso Fiorentino, ma solo l’ascesa dalla vallata sottostante in mezzo ad un paesaggio naturale ancora non compromesso consente di gustare appieno il fascino della conquista della “vetta” e della scoperta di antiche vestigia storiche. Il ritorno al punto di partenza si compie sullo stesso tracciato, questa volta tutto in discesa e percorribile in breve tempo e senza fatica.
In base alle tue richieste possiamo predisporre un tracciato ad hoc fino alla durata di un giorno con soste gastronomiche e punti di interesse lungo il percorso.
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